- Apr 6, 2024
Sguardi Sul Mondo - Roma
- Emozioni Fotografiche
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INTRODUZIONE
Roma, la città eterna, che sul manto delle proprie strade ha impresse le orme di innumerevoli persone e personaggi. Roma, in ogni epoca, è stata spettatrice della storia e palcoscenico degli attori che la hanno interpretata. Sono passati i secoli e, come una montagna che mostra gli strati geologici, questa città presenta gli strati di una metropoli che ha accolto genti, usanze, cultura, arte, vita e morte. Un città che è stata amata, glorificata, odiata, saccheggiata e infamata. Una città la cui anima è avvolgente, tuttavia sfuggente. Densamente popolata, viva di giorno e di notte, Roma è immensa e nella sua immensità è presente tutto: dalla bellezza all’orrore, dalla miseria alla nobiltà, dall’eleganza alla tracotanza.
A Roma ci si vive e ci si lascia vivere, nel turbinìo frenetico degli impegni quotidiani, chiusi nei confini dei quartieri, grandi come altre città - città nella città - i romani trascorrono i loro giorni; code di traffico infinite invadono le strade e raccontano di persone che vanno e tornano; il silenzio del cielo cittadino interrotto dal rumore degli aerei che atterrano e decollano dai due vicini aeroporti; stazioni che pullulano di persone, incroci di treni, tram e metropolitana; bus scassati, lenti, sempre pieni; torpedoni che scaricano frotte di turisti e pellegrini; e poi luci, negozi, bancarelle, cibo; mendicanti, artisti di strada, impiegati, studenti, politici, portaborse, nobildonne e nobiluomini.
Trascorre il tempo; fra il Tevere e i monumenti, fra i colli e i verdi parchi, fra i vicoli e le squallide strade di scorrimento. In una realtà pervasa dal disincanto di chi è ormai abituato a considerare normale ciò che invece dovrebbe stupire.
All’improvviso arriva un altro tempo, il tempo in cui si è costretti a fermare tutto. E scende la notte, una notte dalla quale pare non risorga più il sole. Ed è in questo buio, in questo silenzio, che la città appare come nuova. Nella notte profonda e deserta di questa estate, Roma offre se stessa sotto una luce che invade il cuore, costringe a fermarsi, guardare e
sentire. All’improvviso la città è immobile, sorridente, risplendente.
Una nuova energia pervade tutto. Il superfluo scompare e le luci artificiali lasciano il posto alle stelle.
Francesca Bongarzoni
ROMA
Per oltre 15 anni la mia unica passione fotografica è stata la Natura. La Natura significa per me pace, calma, solitudine, soprattutto essenzialità e ordine. Nella natura nulla è superfluo e il paesaggio naturale è dotato di una integrità che manca ad ogni manufatto umano. Ciò non significa che è sufficiente rivolgere l’obiettivo verso un luogo incontaminato per trarne una foto significativa. Al contrario, il paesaggio necessita di interpretazione, selezione, organizzazione per poter essere efficacemente reso in un’immagine. È un errore di ogni fotografo principiante pensare che basti rivolgere l’obiettivo verso qualcosa di bello per trarne una bella fotografia. La realtà esteriore deve passare dalla mente del fotografo, essere filtrato attraverso le sue emozioni, e solo in questo modo ciò che esce dalla fotocamera è una significativa rappresentazione dell’emozione derivante dall’esperienza del mondo naturale. Solo attraverso l’opera di selezione e filtraggio del fotografo è possibile per l’osservatore identificarsi, vivere l’immagine.
Mi è sempre stato molto difficile replicare questo percorso nel paesaggio urbano. Negli ultimi anni tuttavia mi sono avvicinato ad un certo tipo di paesaggio urbano, un po’ “dal di fuori” per così dire. La vista di un paese adagiato su una collina nell’ora blu, con la luce naturale che inizia a sfumare e le luci artificiali che si accendono, ha iniziato a darmi
un’emozione e un senso di armonia. Ho avviato alcuni progetti fotografici in questa direzione, molto felice di aver scoperto un nuovo terreno d’indagine fotografica.
Tuttavia la mia fascinazione rimaneva all’esterno del paese: se mi fossi avventurato per una passeggiata fotografica nei vicoli avrei provato difficoltà e fastidio nel dover escludere dalla mia inquadratura cartelloni, pali, cestini e automobili.
Più di tutto, rimaneva esclusa dal mio interesse fotografico la mia città natale. Anche se ho avuto la fortuna di vivere a lungo all’estero e di viaggiare in lungo e in largo per il Pianeta, Roma è la mia casa. Qui sono nato e cresciuto ed è qui che torno dopo ogni avventura. La amo, a modo mio, ma ho sempre vissuto le sue meraviglie come “sporcate” dal caos e dal rumore di fondo. Il mio rapporto con la città è sempre stato ambivalente: se uno scorcio del Foro Romano mi emozionava profondamente c’era sempre la folla, la sporcizia, le gru, i palazzi, le automobili a guastare questa emozione. Da un lato sono sensibile, come quasi tutti, al fascino del tempo che qui si respira più che altrove, dall’altro non sono mai riuscito a considerare una città come questa come un luogo in cui fosse “normale” vivere.
La scorsa estate è stata diversa, per ciascuno di noi. Subito dopo il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19 ci siamo tutti ritrovati nell’impossibilità di viaggiare. Dopo oltre quindici anni non avevo programmi di spedizioni in luoghi remoti, avrei passato l’estate qui. Mi ritrovai così a girare per la città durante il giorno, con il consueto senso di disagio.
Allora, anche per impiegare il tempo in qualche attività fotografica, nella speranza di lenire la malinconia, decisi di dedicarmi a fotografare la città all’alba quando, mi dicevo, le poche persone in giro l’avrebbero resa sicuramente più rasserenante.
Dopo le prime due o tre uscite fotografiche mi accorsi che il momento più emozionante era in realtà prima dell’alba: la preparazione e il viaggio nella città buia e deserta verso la location scelta. Già con le prime luci la magia svaniva. Questa emozione mi fece venire un’idea: perché non girare di notte e provare a fotografare la città in una veste diversa?
Non un’idea nuova, certamente, è stato fatto da molti e in molti modi. La mia ambizione del resto non era certo essere innovativo, solo trovare un po’ di serenità e mettermi alla prova in un ambito per me ostile, come quello cittadino. Scoprii così una città quasi magica. Deserta, innanzitutto, condizione per me essenziale perché il mio interesse fotografico si potesse liberare. Relativamente silenziosa. I luoghi che tante volte mi avevano colpito per l’ambivalenza della loro magnificenza accostata ad altrettanto degrado ora mi apparivano esaltati. Le luci artificiali gli donavano un’atmosfera magica, il buio sullo sfondo nascondeva le imperfezioni. Soprattutto, girovagare liberamente in solitudine cercando gli scorci più interessanti liberava la mente, rilassava i muscoli e creava in me un senso di serenità che non provavo da tempo.
È così che, piano piano, prese forma questo libro. Dalle mie iniziali passeggiate casuali nacque l’idea di ritrarre i luoghi più celebri. Tutto il contrario dello scoprire l’ordinario quindi, casomai il riscoprire lo straordinario. Niente vicoletti anonimi valorizzati dallo sguardo sapiente del fotografo, al contrario un riscoprire la bellezza del notoriamente bello. Decisi di puntare il mio obiettivo su S. Pietro, sul Colosseo, su tutto quanto è universalmente considerato magnifico ma che, per me, davvero magnifico non era mai stato.
Per comunicare l’atmosfera quasi magica che vivevo decisi di immaginare le stelle. Immaginarle, perché a Roma notoriamente non si vedono. Tuttavia nella mia visione diventata quasi mistica, immaginavo la città notturna sotto il cielo stellato, con i suoi monumenti magnifici esposti per il piacere degli astri e non di milioni di turisti ammassati dietro le transenne.
Questo libro vuole essere il risultato di questa esperienza, la piccola testimonianza di un momento di rinascità e serenità, di guarigione dopo un periodo traumatico come la primavera del 2020. Non mi illudo di aver creato qualcosa di nuovo, non era del resto la mia intenzione, né di artisticamente rilevante, nemmeno questa tutto sommato era la mia intenzione.
Spero tuttavia che qualcuno tra i miei lettori possa immedesimarsi in questa Roma notturna, magica, e provare l’emozione di un romano che non ha mai veramente amato la propria città e che, passeggiando finalmente libero per le vie deserte, riscopre l’armonia e la serenità che albergano in questi luoghi, e dentro di sé.
NOTA FOTOGRAFICA
Molti dei miei lettori sono naturalmente appassionati fotografi. Alle prime condivisioni di queste immagini sui social hanno quindi fatto seguito molte domande incuriosite, cui cercherò di rispondere brevemente anche qui.
L’approccio che ho seguito è stato di pianificare molto accuratamente i luoghi in cui realizzare le immagini. Come mio solito ogni sessione fotografica è stata preceduta da una lunga fase di studio delle immagini satellitari, per definire il posto migliore in cui piazzare il treppiedi. In alcuni casi è stato necessario un sopralluogo diurno, per identificare esattamente l’inquadratura. Non amo girare a caso cercando spunti fotografici, non fa parte del mio modo di lavorare. Al contrario preferisco pianificare ogni dettaglio ed andare a realizzare l’immagine solo quando è tutto chiaro nella mia mente. La fase di realizzazione degli scatti è stata quindi molto rapida: nella maggior parte dei casi mi sono limitato a recarmi nel luogo accuratamente scelto e realizzare un singolo bracketing da 5 scatti (talvolta 7) con una differenza di uno stop di esposizione tra uno e l’altro, per assicurarmi di catturare l’intera gamma dinamica della scena. Ho cercato di lavorare molto rapidamente, anche perché non è sempre consentito utilizzare il treppiedi. Lo scatto della Fontana di Trevi, ad esempio, ha richiesto molti tentativi perché ogni volta mi veniva chiesto di non utilizzare il treppiedi a meno che non mi fossi procurato un’autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico (purtroppo questo è quanto prevede la normativa
vigente, ma una tale autorizzazione è lunga ad ottenersi e difficilmente conciliabile con un progetto fotografico da svolgersi in tempi ridotti come questo).
In qualche caso, quando mi sono trovato a scattare in luoghi non troppo luminosi, in cui si potevano scorgere delle stelle, ho realizzato degli scatti a parte con esposizioni più lunghe e coprendo con il nastro adesivo parte dell’obiettivo, allo scopo di ottenere le stelle da “inserire” poi nell’immagine nella fase di post-produzione. Idealmente, avrei preferito che
le stelle di ogni immagine fossero quelle “autentiche” del luogo, anche se fotografate separatamente. Ciò è raramente stato possibile, nella maggior parte dei casi ho fotografato in cielo stellato in luoghi diversi, il più possibile privi di inquinamento luminoso, sia a Roma che fuori Roma.
Nella fase di post-produzione ho unito manualmente le varie esposizioni, per ottenere un’immagine bilanciata e che restituisse l’intera gamma dinamica della scena ed ho poi aggiunto manualmente le stelle ottenute in un fotogramma separato. Il resto dell’interpretazione in fase di stampa è stato orientato alla riduzione delle dominanti di colore, all’esaltazione del dettaglio ed alla restituzione di quell’atmosfera di magia data dal bagliore delle luci artificiali nel buio della notte.
Testo d Foto di Simone Sbaraglia
2021